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SPERONE: RICORDANDO SUOR ANNA

Una testimonianza di vita che ha lasciato il segno in tutto il Baianese.  

suor anna 2 500x250N.R. - 06\09\19 - Si sono svolti, nel pomeriggio del 4 settembre, nella Chiesa di Sant’Elia che s’affaccia sull’omonimo piazzale, i funerali di Suor M. Anna Francesca Simeone, dell’Ordine delle Suore fondato da San Vincenzo Pallotti. Docente nelle Scuole cattoliche e laureata in Giurisprudenza, era attivamente impegnata nell’azione di apostolato tra i giovani e le famiglie ad Ostia e nella difficile periferia di Roma.

L’otto gennaio del 2015 fu impegnata nel libero confronto, svoltosi nei locali del Circolo socio-culturale “L’Incontro”, inaugurando l’agenda dell’anno dedicata ai percorsi della conoscenza; tema, Esperienze religiose e l’attiva solidarietà. Animarono il confronto, Franco Manganelli, Anastasia Colucci, Franco Scotto e Suor Anna che sviluppò puntuali riflessioni su temi di forte attualità.

Si pubblica per intero il testo di cronaca dedicato all’evento- apparso su queste colonne il 10\01\ 15-, nella Rubrica Cronache di Ieri, per rendere testimonianza di duratura memoria e doveroso omaggio a Suor Anna e alla giovanile spigliatezza di quarantenne con cui vi partecipò, nel segno di una sicura e suadente padronanza culturale.

Giungano ai familiari, il padre Giovanni, i fratelli Elia e Antonio, le cognate Natalia e Margherita, i sentimenti di cordoglio della redazione deIL MERIDIANO e degli amici ed estimatori del Circolo “L’Incontro”. 

Baiano: Scomparso Angelantonio Candela, decano dei Maestri boscaioli

Un’ Enciclopedia di cultura arborea parlante. Un utile viatico, con cui aveva maturato importanti esperienze di lavoratore migrante. Era tra i più fervidi e impegnati animatori della Festa del Maio. E’ stato tra gli anni ‘60 e ’70 anche attentoedoperosoamministratorecomunale.

candelaGianni Amodeo - 20.08.19 - Era il decano dei Maestri boscaioli  - ‘e mannesi nel linguaggio corrente nostrano- l’antico mestiere diffuso sul territorio e che si praticava facendo leva sul vigore delle braccia e sull’uso dell’accetta; mestiere duro - e di “fatica” che sarà resa meno aspra e sofferta con la meccanizzazione che arriverà solo negli anni ’50 -  da cui scaturiva l’intera filiera sia delle attività di artigianato specializzato che della commercializzazione proprie dell’economia del legno, ponendo in valore il cospicuo patrimonio boschivo esistente nell’arco dei Monti Avella e dintorni. Una filiera produttiva, che, allo stato attuale, è relativamente ridimensionata, di cui Angelantonio Candela   ben conosceva aspetti, risorse e potenzialità, ma anche problemi.

Il mestiere di Maestro boscaiolo era stato appreso per via familiare da Angelantonio Candela e svolto sin dalla fanciullezza, battendo in lungo e in largo i boschi del territorio che conosceva a menadito, così come conosceva per filo e segno le caratteristiche dei castagneti, dei querceti, delle faggete, per non dire degli ontani bianchi e neri dalle maestose e belle chiome verdeggianti, tutti segni autentici e inconfondibili nel raccontare il paesaggio e la sua conformazione. Un’ Enciclopedia di cultura arborea parlante, era la sua. Un Il platano secolare di fontanavecchiautile viatico, con cui aveva maturato importanti esperienze di lavoratore migrante per lunghi anni, in terra francese, segnatamente in Corsica, ma soprattutto in Germania; esperienze - condivise con tanti altri Maestri boscaioli - che gli avevano lasciato l’impronta del rigore nel rispetto dell’ambiente e del patrimonio naturalistico. 

Un’ impronta di convinzione, di cui cinque anni fa, fornì eloquente e diretta testimonianza, quando l’Associazione Maio di Santo Stefano, di cui era attivo componente, in collaborazione con il Circolo “LIncontro”, promosse l’iniziativa per il riconoscimento di Patriarca verde  da conferire, nel quadro della normativa nazionale e della Regione-Campania, al secolare Platano che nel territorio comunale fa da sentinella al caratteristico sito di Fontana Vecchia; un’ iniziativa andata a buon fine, acquisendo l’auspicato riconoscimento due anni orsono con l’iscrizione nello specifico Albo di tutela. E per la circostanza interessante risultò la conoscenza che Mast’Angelantonio fece fare a tanti di noi con visione diretta dei Tre castagni nell’omonimo sito in territorio di Sirignano, illustrandone l’eccellente stato di salute vegetativa di monumenti naturali con età plurisecolare, in grado di ben fruttificare. Tre castagni, svettanti e da ammirare nell’imponenza del loro tronco e dei tanti rami dischiusi, sopravvissuti sul ciglio di strada in quota ad oltre 700 metri allineati in un filare che doveva essere formato da almeno una ventina di alberi-simbolo del territorio.    

Majo di BaianoMast’Angelantonio da baianese verace era tra i più fervidi e impegnati animatori della Festa del Maio, il culto arboreo che si celebra il 25 dicembre e che simboleggia le tradizioni del territorio, di cui la silvicoltura, con gli usi e costumi che le sono propri, ha costituito un elemento strutturale di basilare rilievo sociale. E sul far dell’alba della giornata fatidica, era proprio Mast’Angelantonio tra i primi a giungere sul Monte Arciano che con i suoi castagneti fa da cornice e sfondo allo start della manifestazione, per partecipare alle procedure dell’abbattimento del Maio, la cui Festa vive i momenti-clou della partecipazione popolare nel centro storico cittadino. Era la “sua” Festa fra i “suoi” boschi d’Arciano, di cui sempre ricordava gli splendori e il fascino naturalistico dei tempi andati.

Angelantonio Candela è stato tra gli anni ‘60 e ’70 anche attento ed operoso amministratore comunale. Una funzione svolta con il garbo e la cura che riservava al proprio mestiere di Maestro boscaiolo. Sapeva ascoltare e sapeva farsi ascoltare. Uomo di relazioni chiare e di lavoro.

Lascia una significativa traccia di sé in quanti hanno avuto modo di conoscerloIL MERIDIANO partecipa al lutto della famiglia e della Comunità Baianese.

ADDIO, GIGANTE BUONO

Masino MagnottiNicola Montanile – 01.08.2019 -"Perché ad Avella, mi chiami Masino, mentre quì dottor Magnotti", così rispose al saluto di un compaesano avellano e amico di famiglia, degente, a cui andò a fargli visita, all'ospedale "Gemelli" di Roma. 

Nella capitale, da anni, si era trasferito ed esercitava la professione di medico di base, con profondo amore e senso di scrupolosità e di umiltà e lo si evince da questo incontro-dialogo, garbato e casareccio.

Avella Scuole ElementariLa persona è Tommaso Magnotti, un prezioso tassello del mosaico delle nostre radici, che, venendo a mancare, ha lasciato un vuoto incolmabile nei familiari ed in quanti ebbero il piacere di conoscerlo e di godere della sua amicizia e disponibilità.

Figlio dell'industriante don Antonio e dell'insegnante Maria Maiorani, (nata a Guardia Sanframondi), la prima donna avellana ad essere eletta, negli anni quaranta, nella lista della D. C., vincente nelle amministrative, e chiamato, affettuosamente e familiarmente, Masino, abitava in Corso Vittorio Emanuele, per cui di mattina, doveva soltanto attraversare la strada per recarsi a scuola, in quell'edificio di Piazzetta Convento, dove insegnava la mamma, un brava e preparatissima docente. 

Scorcio del Corso Vittorio EmanueleEra una persona socievole, spontanea, caritatevole, sincera e accoglieva tutti con il sorriso sulle labbra; amante della vita e soprattutto di sani principi morali e religiosi

D'altronde non poteva essere diversamente, conoscendo i genitori, i quali gli avevano impartito una severa educazione, supportata dalla nonna Angelina Niola, ava saggia e timorata di Dio, parente di quel tal Francesco, Vescovo di Lacedonia e Arcivescovo di Gaeta.

La sua dipartita ha destato commozione perché, anche se non viveva più nel paese di San Sebastiano, nostro patrono, che nel 1956, universitario diciottenne, interpretò, impeccabilmente, mentre prima, nel 1947, all'età di nove anni, sempre nel Dramma Sacro, si distinse, in Ilarino, uno dei quattro fanciulli cristiani, era stimato da tutti.

piazza convento avella4Indubbiamente ha lasciato un bellissimo ricordo, per cui il ricordarlo esula dal concetto quando "si nasce, si è tutti belli, quando si sposa, tutti ricchi, quando si muore, tutti buoni", in quanto Masino era un signore e, sinceramente, un gigante di virtù e di Bontà.

Si dice che dopo la morte, ci tocca bere per dimenticare tutto, in quanto pronti a reincarnarci, ma la nostra reincarnazione non siamo noi, ma coloro i quali generiamo, cioè i figli; ciò deve consolare la famiglia, perché, sicuramente, i buoni sentimenti, gli esempi appropriati, i valori, gli atteggiamenti di lui saranno, in gran parte, il bagaglio dei propri figli, finendo, così, per assomigliargli in modo incredibile. 

Alle figlie Marina e Maria Cristina, in un momento così doloroso, in cui il papà è andato a raggiungere la mamma, Maria Zucchi, moglie e donna premurosa ed esemplare, per la scomparsa di un vero Galantuomo, vanno le più sentite condoglianze anche da parte della nostra redazione

Le esequie si sono tenute il 29 luglio in Roma alle ore 10.00, presso la Parrocchia Regina Apostolorum.

Per gli amici di Avella sarà celebrata una Santa Messa in sua memoria, domenica 4 agosto, alle ore 11.00, presso la Chiesa della SS. Annunziata.

La sua famiglia e i suoi amici stanno provando a realizzare il suo sogno di una foresta abitata da bambini. Ogni donazione si trasformerà in un albero della foresta con il nome di chi ha donato.

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Baiano: Stefano Litto varca la soglia degli ottanta anni...

Le tappe di una vita.

IMG 0161 5 326x245Gianni Amodeo - 15\08\19 - Foto di gruppo per StefanoFanuccio Litto che ha varcato d’infilata la soglia degli ottanta anni con la spigliata agilità e scanzonata disinvoltura di sempre. Un sobrio omaggio resogli dagli amici nel Circolo “LIncontro”, con il tocco di convivialità dato da un semplice e cordiale buffet. Ma anche una rapida occasione per ri-vivere quelli che, per Fanuccio, sono stati i ….momenti belli e irripetibili di giocatore d’ala ambidestra dal dribbling rapido e stretto, con il sinistro piede “buono” e, all’occorrenza per ragioni tattiche, con ripiegamenti sulla linea di terzino d’ala in funzione propulsiva e di sostegno per la manovra d’attacco da rendere la più  incalzante e veloce possibile; momenti vissuti tra gli anni ’50’70 , tra le file del Baiano, del “Giovanni Carotenuto” di Mugnano del Cardinale e dell’ Avella.

Esperienze di vita giovanile e sport maturate in una piccola comunità, ma ben ricca e variegata nella vivacità delle relazioni sociali e politiche, come lo erano le altre realtà del territorio, segnatamente Avella, Mugnano del Cardinale e Quadrelle che primeggiavano per le attività produttive nell’agro-alimentare e nel comparto conserviero. Un contesto dinamico e animato, in cui, tanto per dire, erano attive e frequentate ben cinque sale cinematografiche - tra cui spiccava il “Colosseo”, progettato e costruito tra il ’ 46 e il ’48 -  per una popolazione  di poco superiore ai venti mila abitanti. Anni vissuti da Fanuccio con l’imprinting ineludibile   della trafila - il calcio era praticato solo quale complemento dello studio o del lavoro, ma anche dell’uno e l’altro in accoppiata- percorsa nelle formazioni giovanili che il Baiano schierava nei tornei di buona caratura tecnica e ad alta tensione agonistica, organizzati sul territorio dal Comitato zonale della Federcalcio di Nola.

Era la trafila che apriva - per i migliori e più dotati, che, il più delle volte, compravano a proprie spese il corredo da gioco e le “scarpette” al mercato dell’”usato”, che si svolgeva il lunedì a Poggioreale, mentre la “Società” si premurava di garantire a tutti i giocatori delle “rose” di formazione qualche modico rimborso di spese e premio economico speciale, insieme con la dotazione della maglia identificativa del sodalizio, color granata, per tradizione, con il fregio simbolico ad altezza del cuore ed espressivo dell’agile Cerbiatto, ma altri colori sociali usati erano l’ azzurro testimonial del gemellaggio di fine anni  ’40  con il  Ciuccio partenopeo, ed il giallo-canarino -  le … porte d’accesso al Baiano-B, la formazione che  faceva da sparring partner del Baiano-A  al “Bellofatto” nella partita del giovedì,  dedicato alla preparazione tecnico-tattica per la gara domenicale di campionato in calendario, così come il martedì era dedicato alla stretta preparazione di tenuta fisica e muscolare. Era, nella sua essenzialità, la trafila che costituiva, per dir così, la gerarchia dei valori e dei meriti che rende lo sport - quando è concepito, praticato e vissuto come tale- palestra formativa di vita.  

Stefano Fanuccio Litto IMG 0163 1In quegli anni così lontani e tanto ravvicinati nel ricordo, Fanuccio, ha avuto modo di far parte delle “giovanili”  del Baiano  di Ruggero Zanolla,  allenatore di grande classe, che vantava un back ground di attaccante di notevoli qualità realizzatrici, con lunga militanza in formazioni  di serie B e C. Era nato nel 1907  a Monfalcone, ma la sua carriera sportiva fu frenata dagli eventi bellici, per concludersi  alla  guida del Savoia, con cui giocò nell’ottobre del 1951 l’ultima partita ufficiale di campionato. Aveva 44 anni. E restano memorabili le “castagne” che Ruggero Zanolla faceva “esplodere” con i tiri al fulmicotone di collo-piede che facevano stampare la sfera sulle traverse o sui pali delle porte del rettangolo di gioco del “Bellofatto”, con vibrazioni per due o tre frequenze.

Era il Baiano che furoreggiò nel campionato di promozione regionale - l’equivalente in caratura tecnica dell’attuale serie C, per quel che possono valere tali comparazioni- nella favolosa annata agonistica del 1953 \ 1954, in competizione con “squadroni” dello stampo della Paganese, Savoia, Palmese, Turris, Cirio, Nocerina, Portici, Giugliano, Ercolanese e via proseguendo. Una formazione smart \ sprint, spumeggiante, in cui Zanolla fece esordire - appena sedicenne- Ivo Vetrano, che poi sarebbe approdato all’ Atripalda del presidente Tozzi, per spiccare il volo verso il Saronno, il Modena e il Varese.  In porta, schierava Peppino Montanino, sulla linea dei terzini d’ala erano disposti Pasqualino Acierno e Franco De Lucia, centro-mediano, era Andrea Picciocchi - Picciocchi III- la mediana era un mix integrato alla perfezione con Attilio Colucci, che andava in elevazione con eleganza da buon colpitore di testa con forte senso di posizione, e  Amedeo De Luca, coriaceo e tenace  nella marcatura e nell’impostazione di gioco; il quadrilatero di centro-campo, si completava con Saverio Lo Sapio, trascinatore infaticabile, un vero sette-polmoni, e Fanuccio De Rosa, dribbling a serpentina e regista manovriero. All’ala destra sprintava Peppino Picciocchi- Picciocchi II- impeccabile nei cross, mentre la corsia di sinistra era “signoreggiata” da Ivo Vetrano, dribbling ubriacanti e tiri saettanti destinazione-gol. A guidare l’attacco Aldo Trapani, uno dei tanti militari del Centro addestramento reclute di Avellino che hanno fatto parte della grande “famiglia” del “Cerbiatto”, lasciando buon ricordo di sé per attaccamento e stile. Un autentico fromboliere, che duettava alla meglio con Ivo Vetrano. Un Baiano compatto, quello plasmato da Zanolla, in cui si stagliavano i “lunghi” di oltre 1,80 metri come Trapani, De Lucia, Vetrano, Picciocchi III e Picciocchi II.

Fanuccio, trascorsa l’esperienza sportiva, con l’imprinting appena accennato, è stato un buon lavoratore e operoso dipendente dell’Enel per decenni. Da pensionato, non solo continua ad eccellere nel gioco del bigliardo amatoriale, ma continua a vivere con immutata intensità la passione per l’Inter, quella della tradizione più di Helenio Herrera che di Mourinho e spera che in versione- Conte sia un’Inter degna del sua passato di gloria. Ma i fans del Napoli, della Juve e del Milan che frequentanoL’Incontro” non gli fanno  nessuna apertura di credito. Di certo e con affetto gli hanno reso omaggio di buon compleanno con l’augurio di onorare tanti altri compleanni. Augurio, a cui si associa la redazione.

E’ MORTO LUCIANO DE CRESCENZO

Napoli piange il suo ingegnere filosofo che ci ha lasciatO a 90 anni.

luciano de crescenzo P 850x1360N.R. - 19.07.2019 - «Il mare nei suoi occhi, il Vesuvio nel suo cuore», così padre Giovanni Paolo Bianco, il giovane parroco di Santa Chiara, ha voluto descrivere Luciano De Crescenzo nel giorno dei suoi funerali.

La basilica gotica nel cuore del centro antico di Napoli è gremita, strapiena di napoletani che hanno voluto tributare l'ultimo saluto a un partenopeo vero, autentico, capace di raccontare una città fiabesca, colma di valori e di umanità, definita addirittura «L'ultima speranza dell'umanità».

Noi vogliamo ricordarlo con un articolo de IL MATTINO del 15 dicembre 2017 - Mexicajurnalist di Marco Ciriello.

DE CRESCENZO: SOCRATICO-MARADONIANO

luciano de crescenzo jpg 351x0 crop q85Voleva fare il cantante, ma ha avuto tre vite che l’hanno portato altrove, non senza compagnia musicale: ingegnere, scrittore, regista. Luciano De Crescenzo – oggi quasi novantenne – è tra i pochi ad aver davvero acchiappato Napoli, sulla pagina, nello schermo e prima con la fotografia. Un grande amore, che, forse, solo Isabella Rossellini è riuscita a interrompere a tratti – creando piccole distanze ogni volta che tornava – quello tra la città e l’ingegnere che raccontava la filosofia al popolo. Per lui «Napoli è una componente dell’animo umano» che è convinto di trovare in ogni persona, anche non napoletana. Come è convinto nonostante i mali di Napoli coprano i palinsesti televisivi, in una “Gomorra” continua, che «Napoli è ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana». In fondo la sua discussione col camorrista (Nunzio Gallo) in “Così parlò Bellavista” (film di culto, oggi) rimane la più bella opposizione al male fatto in casa. «Nei miei libri ho sempre cercato di raccontare la bellezza e la passione di Napoli, senza però trascurare le sue contraddizioni». De Crescenzo rappresenta anche una Napoli gaudente che sta sparendo, in una normalizzazione che si lascia alle spalle “il miracolo” e cerca il progetto. È rimasto un uomo curioso, gioiosamente in allerta, sempre pronto a teorizzare, sempre pronto a giocare. De Crescenzo è la leggerezza che consente di andare oltre il dolore, che tiene a bada la malinconia, e che tenta di darsi una risposta anche quando mancano le parole. E buona parte di quelle dette sono nel documentario di Antonio Napoli, da poco nei cinema, “Cosi parlò De Crescenzo”, che riassume le sue tre vite da uomo d’amore.

Ora che tutti parlano di filosofia sarriana, possiamo dire che Maurizio Sarri è un erede del professor Bellavista? E se sì, dove si incontrano i due?

«Non so se possa definirsi in senso stretto un erede del professor Bellavista, di sicuro però i due hanno alcuni punti in comune, sono entrambi napoletani, particolare che non è da sottovalutare, ed hanno una notevole capacità di trasmettere e insegnare le proprie teorie filosofiche e di gioco».

Che differenza c’è tra quel Napoli che le ha regalato uno dei giorni più belli della sua vita – vincendo lo scudetto – e questo che rischia di vincerlo?

«Non sono del tutto sicuro che oggi un singolo campione basterebbe per vincere un campionato. Nel calcio moderno il rendimento di una squadra è dato per metà dalle qualità tecniche dei giocatori e per metà dalla grinta e compattezza con cui la squadra affronta la partita. Ora però, per ottenere questa determinazione è necessario che tutti i giocatori sentano di appartenere a un unico complesso».

Lei preferisce questo Napoli catalanolandese dove tutti hanno una funzione o quello Maradoniano con l’eroe solitario?

«Maradona è il genio assoluto, un condottiero, un Achille dei nostri giorni, con il suo coraggio e i suoi punti deboli. La squadra di Sarri invece, è una perfetta macchina da guerra, ogni giocatore sa esattamente qual è il suo ruolo. Ovviamente sono di parte, ma penso che il gioco del Napoli sia in questo momento tra i più belli d’Europa, non ci si annoia mai».

Napoli è ancora pagana, secondo lei, o si sta adeguando, a cominciare proprio dal calcio?

«Napoli è ancora pagana, ma non rinuncia alla fede, solo che invece di affidarsi a Dio, i napoletani ricorrono ai Santi. Per quel che mi riguarda, io, invece, tra tutti, preferisco la Madonna, e resti tra noi, è a lei che ho raccomandato questo campionato».

Se fosse chiamato a scegliere tra Maradona o Socrate?

«Non me ne voglia Maradona, ma probabilmente sceglierei Socrate, lui più di tutti ha influenzato la mia carriera di scrittore. La sua coerenza in vita e nell’accettare la condanna a morte non è sicuramente da tutti».

E tra Renato Caccioppoli e Federico Fellini?

«Entrambi, ognuno a modo proprio, hanno determinato alcune scelte della mia vita. Per questo se scegliessi uno dei due, mi sembrerebbe di fare un torto all’altro».

Sa che al Napoli si rimprovera un eccesso di bellezza senza il realismo della vittoria, non è che stiamo sopravvalutando i vincitori? Torniamo sempre alla storia di Tonino Capone, quello che avendo guadagnato abbastanza andava al mare chiudendo il negozio, senza mai diventare Pirelli.

«Il realismo della vittoria è di sicuro importante, ma senza l’estetica del bel gioco si corre il rischio di annoiarsi».

E non siamo uomini di noia. Cosa avrebbe detto a Nietzsche se l’avesse conosciuto? (Non dimentichiamo che il momento del suo collasso mentale avviene a Torino).

«Nietzsche sosteneva che la rovina dell’uomo è nella sua razionalità. Ecco, forse se invece di trattenersi a Torino fosse venuto a Napoli, probabilmente per lui le cose sarebbero andate diversamente».

Lavorare all’Ibm era un po’ come giocare nella Juventus? (Non sto giustificando Gonzalo Higuain).

«Se per lei lavorare all’Ibm è come giocare nella Juventus, allora io rispetto ad Higuain ho fatto un percorso inverso».

Cosa deve alle donne della sua vita?

«Le donne che hanno contato di più nella mia vita sono quelle che mi hanno aiutato a capire la differenza tra l’amare e il voler bene. Ebbene, delle donne che ho amato, mi resta solo un ricordo, mentre quelle a cui ho voluto bene, fanno ancora oggi parte della mia vita».

Lei è stato tra i primi italiani ad usare un computer, nel 1995 spiegava Internet in tivù al paese, ma se oggi dovesse rimanere di nuovo chiuso in ascensore con Cazzaniga, starebbe sul suo smartphone a twittare o parlerebbe come allora, sciogliendo le ostilità?

«Sono da sempre un sostenitore della tecnologia, anche perché ha scandito il tempo della mia prima vita, quella da Ingegnere, però se rimanessi oggi in ascensore con Cazzaniga preferirei di sicuro il dialogo alla comunicazione online. Ciò non toglie però, che mi affiderei comunque alla tecnologia, infatti userei lo smartphone al posto della candela».

Oggi che è innegabile la sua valenza culturale, e il suo essere tra i grandi napoletani del secolo, se dovesse sceglierne altri 5 – di grandi napoletani – Quali sceglierebbe?

«Primo tra tutti, Renato Caccioppoli, perché è stato il mio mentore. Poi Salvatore Di Giacomo, perché ha scritto i versi della mia canzone preferita: “Era de Maggio”. Eduardo De Filippo e Totò perché mi hanno insegnato, anche se in modo diverso, a sorridere. E per finire Vittorio De Sica, perché ha portato sul grande schermo l’anima di Napoli».

Che cosa è mancato nella lunga e bella vita di De Crescenzo?

«Tirando le somme, non mi posso lamentare, anche se, detto tra noi, c’è stato un momento della vita in cui avrei voluto fare il cantante… e non ero nemmeno così stonato. Forse avrei preferito qualche acciacco in meno, ma posso ritenermi di sicuro fortunato. Del resto, sono nato a Napoli, nel quartiere Santa Lucia e le prime cose che ho visto, sono state il mare e il Vesuvio. Se non è fortuna questa!»

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